Longari arte Milano conta sull’esperienza di due tradizioni. Da un lato la passione e la competenza, incarnate nella figura della capostipite Nella Longari, sono un’eredità di famiglia: dagli anni Cinquanta del Novecento la curiosità che ha stimolato la ricerca di opere d’arte uniche, il loro accudimento, il loro restauro, hanno arricchito la Galleria di pezzi originali, espressione di un gusto raffinato e anticonvenzionale. Dall’altro lato, la presenza alle maggiori manifestazioni fieristiche in Italia e all’estero. Il continuo stimolante dialogo con il pubblico dei collezionisti, l’ingresso nel mondo delle esposizioni internazionali dopo il 2010, con particolare attenzione a Tefaf Maastricht, ha coltivato una sempre maggiore nuova sensibilità per la selezione di oggetti capaci di catturare l’interesse di un pubblico sempre più assuefatto alla presentazione di proposte di alta qualità, allestite dai migliori antiquari del mondo.
L’esplorazione è il primo passaggio del metodo di lavoro di LONGARI arte MILANO
La scoperta avviene sempre di prima mano, un po’ per istinto, un po’ per mestiere: decenni di esperienza affinano una specie di magnetismo orientato alla bellezza, come quello che calamita i girasoli verso la luce. L’opera si mostra al momento del ritrovamento nel suo stato grezzo, spesso sepolta sotto l’incrostazione dei secoli, trasformata dai passaggi di mano, dalle mutazioni delle destinazioni d’uso, mascherata dai sedimenti che si sono sovrapposti alla livrea con cui l’autore originario l’aveva consegnata al mondo. L’obiettivo delle fasi successive del metodo di lavoro è restituire all’esperienza oculare e tattile del pubblico la forma primitiva dell’oggetto, restaurandolo nel modo più fedele possibile.
Il restauro è una fase lunga e delicata. Il passato ritorna un po’ alla volta, per tentativi e sondaggi esercitati con delicatezza: viene rievocato come i ricordi che si inanellano uno per volta, con uno scavo paziente nella memoria. L’indagine di ciò che è rimasto addormentato sotto le metamorfosi del tempo esige devozione, diligenza, scrupolo – forse addirittura mitezza e commozione. Bisogna domandare alla patina di colore se la mano che l’ha distesa è la stessa che ha modellato la prima versione dell’opera o se è intervenuta a modificarla, a distorcerne il senso. Bisogna interrogare il soggetto per ricostruire la sua vera identità, per riportare alla luce i suoi significati simbolici, le sue proprietà originali. Spesso servono mesi per ottenere tutte le risposte utili, e per renderle visibili nelle forme, nei materiali e nei riflessi cromatici dell’opera.
Il buon antiquario deve avere la sensibilità estetica dell’artista e la pazienza del bibliofilo
Solo dopo questo dialogo con il tempo l’oggetto è pronto per incontrare il pubblico. Una parte del lavoro di scavo nella storia non riguarda solo l’interazione con i materiali che compongono l’oggetto, ma anche la genealogia dei committenti, delle cessioni, dei passaggi di mano, delle dimenticanze, delle eredità. La storia dei proprietari è un attributo estetico dell’opera, è una potenza invisibile della sua carica espressiva. In ogni caso, è anche la prova documentale della sua autenticità, che ai nostri giorni qualifica in modo sostanziale l’originalità e l’interesse dell’oggetto. L’esame diretto dell’opera e la contemporanea analisi delle fonti documentali condotte sapientemente e con amore dai critici d’arte garantiscono il valore non solo di tutto quello che viene esposto alle mostre, ma anche di tutto quello che viene proposto nelle Gallerie.
Per questa ragione la competenza dell’antiquario somma al gusto per la bellezza e al talento dell’archeologo, anche la pazienza del bibliofilo. Un mestiere che diventa sempre più complesso, sempre più profondo, sempre più appassionante.